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La Mina

Capitolo nain –  Alla stazione.

–      Comandi marescià, c’è il raggionier Cosini.

Disse l’appuntato Gagliardi affacciandosi per metà alla porta dell’ufficio del suo superiore.

–      Fallo entrare Gaglià.

–      Corsini, mi chiamo Corsini.

Disse Lapo passando accanto all’appuntato che gli teneva aperta la porta.

–      Buongiorno raggioniere. Conosce questi signori?

Disse il sottufficiale andandogli incontro con la mano tesa.

Lapo strinse la mano in maniera decisa e  la risposta fu altrettanto forte e decisa, anzi la stretta del maresciallo Sforza rasentò il  dolore fisico.

Si girò verso sinistra e seduti su uno scalcinato divano similpelle bordò  vi trovò Anselmo e Marina.

Quasi bisbigliando, e sentendosi il mondo cadere addosso rispose affermativamente alla domanda, peraltro pleonastica, del maresciallo che sedendosi continuò,

–      E lei immagina perché io l’abbia fatta chiamare?

–      Vorrei poter dire di no, ma visto chi ha convocato insieme a me devo ammettere che una vaga idea ce l’ho.

–      Si accomodi raggioniere.

Gli disse il carabiniere indicandogli una sedia davanti alla sua scrivania. Lapo mentre si sedeva non poté fare a meno di dare un’occhiata a quei due meschini sul divanetto. Avevano l’aria di chi l’ha combinata grossa e in risposta all’occhiataccia di Lapo entrambi alzarono le spalle come a volersi scusare.

–      Lei sa cos’è questo?

Disse il maresciallo prelevando qualcosa da dentro una cartellina gialla sulla quale Lapo fece in tempo a leggere “Lulli Mina” scritto con il pennarello nero.

Il maresciallo stringeva fra l’indice ed il pollice della mano destra una bustina trasparente che ad una prima occhiata a Lapo sembrò vuota. Si avvicinò appoggiandosi alla scrivania e mettendosi a sedere in punta di sedia così riuscì ad intravedere all’interno della bustina qualcosa di leggermente biancastro del diametro di non più di mezzo centimetro.

–      Non si sforzi, glielo dico io. Questo, secondo il signor Migliori sarebbe un pezzetto di lattice che ha ritrovato, dice lui, nella bocca della defunta signora Lulli Mina.

L’aveva conservato! Dentro la bustina c’era il pezzetto di plastica che Anselmo aveva visto nella bocca della Mina. Lapo guardò Anselmo stavolta facendo una smorfia che diceva chiaramente “Ma sei proprio un cretino”. Poi con tono pilatesco cercò di tirarsi fuori,

–      Che devo dire maresciallo, come ha sottolineato lei … dice lui.

–      A dire il vero non lo dice solo lui.

Disse il tutore dell’ordine pubblico, appoggiandosi allo schienale della sua poltrona ed indicando gentilmente con un sorriso galante Marina.

–      Anche la signorina Campolmi è della stessa idea. E tutti e due mi dicono che anche lei è a conoscenza della cosa, ecco perché l’ho fatta chiamare.

La constatazione di quanto quei due seduti sul divano fossero stupidi gli venne spontanea, così come spontaneamente si calò definitivamente nel ruolo di Ponzio Pilato.

–      Maresciallo, io ero solo per caso presente quando il signor Migliori Anselmo ha avanzato questa … improbabile ipotesi. Alla quale io  non ho dato credito. Come saprà mia madre è ricoverata a Villa la Querce …

–      Si.. si lo so, e lei va a trovarla ogni sabato. Mi dicono anche che ci sia stata una riunione a casa sua nella quale avete, per usare le parole del signor Migliori…

Il maresciallo si fermò un attimo si mise gli occhiali aprì di nuovo la cartellina gialla e da un foglio dattiloscritto lesse,

–      “… affrontato il caso”, ecco ha usato queste parole, avete affrontato il caso.

Nel frattempo Marina riuscì a leggere nel labiale di Lapo “ Siete due cretini”, e si sentì mortificata, abbassò gli occhi a guardarsi le mani che le stavano sudando dalla tensione. Anselmo invece appariva quasi fiero di quella sua dichiarazione così professionale e non dette soddisfazione a Lapo.

–      Ma no, si figuri … abbiamo solo mangiato una pizza insieme e ci siamo fatti due risate.

–      Due risate su un morto?

–      No maresciallo, abbiamo parlato del più e del meno. Si, anche della Mina… la signora Lulli, e alla fine anche di quest’idea di Anselmo, ma niente di importante. Non so cosa le abbiano detto, ma Marina potrà confermare che è stata una rimpatriata fra amici.

Cercò con gli occhi il consenso di Marina, che non si fece attendere e agitando in segno di assenso la testa volle confermare.

–      Signor maresciallo una rimpatriata fra amici. Una pizza due risate… basta tutto qui.

–      Una rimpatriata? Signorina, lei ha dichiarato …

Lapo mandò gli occhi al cielo al pensiero di cosa potessero ancora aver ancora detto, mentre il maresciallo riprese a leggere dal foglio dattiloscritto.

–      “… ci siamo riuniti a casa del raggionier Corsini per discutere su cosa fare. Dopo una lunga discussione abbiamo deciso che prima di parlare di omicidio avremmo dovuto trovare il movente. Punto.” Tutte le volte che vi ritrovate fra amici discutete di questi argomenti?

Chiese il graduato rivolgendosi a Marina che stava nervosamente finendo di allargare con un dito un buco aperto sul bracciolo del divanetto similpelle. Quando questa incrociò lo sguardo alterato del carabiniere interruppe la sua opera e scossò altrettanto nervosamente  la testa in segno di negazione.

–      Signor Corsini, mi vuol dire cosa pensa di tutta questa storia.

–      Io ? … maresciallo non saprei … il dottore ha scritto che la signora Lulli è morta per un arresto cardiaco nel sonno e …

–      E lei come lo sa che cosa ha scritto il dottore ?

–      … lo so? No diciamo che lo immagino, cosa potrebbe aver scritto se non che …

–      Raggioniere, i suoi amici hanno già dichiarato di avere preso visione del certificato di morte della Lulli, non si affanni a trovare scuse. Lei crede veramente che possa trattarsi di morte violenta?

Lapo rimase in silenzio qualche secondo guardando il militare negli occhi e pensando a cosa doveva rispondere per evitarsi problemi. Poi con l’aria di chi si è deciso a dire la verità disse:

–      Io credo che quel giorno siano successe diverse cose fuori dalla norma. Fra queste è da ricomprendersi anche la storia dello scendiletto e del pezzetto di gomma. Ma non credo che la signora Lulli sia stata uccisa. Primo perché il dottore ha detto l’esatto contrario e chi meglio di lui può dirlo, e secondo perché, a parte una congenita antipatia, non sembra esserci altro motivo perché qualcuno desiderasse la morte della Mina.

–      Ecco, bravo raggioniere credo che questo sia esattamente il riassunto di quanto avrei voluto dirle, tenuto anche conto che ho già chiamato il dottor Migliorini al quale ho chiesto se vi potesse essere il minimo dubbio sul fatto che la Lulli Mina fosse morta per cause non naturali. Naturalmente mi ha escluso in maniera categorica tale possibilità. Anzi scoppiando in una rumorosa risata al mio indirizzo che non ho per niente apprezzato, ma questo è un altro fatto. Inoltre la qui presente signorina Campolmi mi ha dichiarato che la defunta non aveva con sé denaro o gioielli in misura tale da poter far pensare a una rapina. Mi ha anche dichiarato che niente è risultato mancare fra le cose della Lulli. Tutti mi avete detto che non siete a conoscenza di motivazioni che possano accreditare la cervellotica tesi della morte per cause non naturali.  Direi, per usare le parole del Signor Migliori che “il caso” è chiuso. Cosa ne dite?

L’ultima frase fu detta con un tono più imperativo che interrogativo e con voce più alta. L’atteggiamento  suggeriva la risposta attesa. E infatti:

–      Per me non si è mai aperto, e anche per loro la vicenda è chiusa maresciallo. Non si preoccupi.

Si affrettò a dire il ragionier Corsini, chiedendo ad Anselmo conferma con lo sguardo. Vedendo l’indecisione di quest’ultimo Marina gli dette uno strattone e come uscisse da un trance anche Anselmo aderì alla proposta di archiviazione del caso.

Il maresciallo Sforza prese i fogli da dentro la cartellina gialla e con fare plateale chiese,

–      Strappo?

–      Strappi!

Fu la risposta all’unisono dei convocati. Le dichiarazioni di Marina ed Anselmo finirono in diversi pezzi nel cestino sotto la scrivania, mentre la cartellina gialla fu accuratamente ripiegata a rovescio in modo si potesse riutilizzare in un’altra occasione.

Marina e Lapo uscirono dalla stazione con la convinzione di averla scansata bella. Anselmo, invece, con la personalissima idea che il maresciallo comunque gli avesse creduto, seppur non avesse voluto darlo a vedere.

Quando dalla sua scrivania, il maresciallo sentì sbattere il portone della caserma, chiamò il suo subalterno che si presentò dopo un attimo sulla porta,

–      Comandi marescià.

–      Gaglià, hai fatto le copie delle dichiarazioni di questi due minchioni come ti avevo chiesto?

–      Certo marescià.

–      Bene, portamele.

Riprese la cartellina gialla, la rigirò per far tornare sul fronte la scritta “Lulli Mina” e appena Gagliardi tornò con i documenti  vi reinserì dentro la copia di quanto aveva platealmente strappato davanti ai tre convocati.

–      Gaglià, tira fuori la macchina dal garage voglio andare dal raggionier Mori.

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