VanniGio/ Gennaio 9, 2015/ Pensieri/ 1 comments

Era sicuramente il 4 Ottobre ed ero con Carlo, mio fratello, a casa sua. Era già infermo relegato su una sedia a rotelle ma lucido e presente. Molto presente. Erano momenti duri per lui, la malattia aveva preso il sopravvento e le cure non davano più effetti. La speranza era solo una maschera che abilmente e caritatevolmente indossava per noi che gli stavamo vicino. Di certo lo sconforto sarebbe apparso del tutto normale in quella situazione, ma in lui non se ne trovava traccia. Quel pomeriggio venne a trovarlo una persona, un credente. Il visitatore si commosse a vederlo seduto su quella carrozzella ed anche io feci molta fatica a reprimere il grosso nodo scorsoio che mi stringeva la gola. Con voce rotta dalla commozione l’ultimo venuto ricordò che quel giorno era la festa di San Francesco d’Assisi e tirando fuori un libretto di tasca disse: “Sono stato al Bosco ai frati e ti ho comprato questo libretto di pensieri di San Francesco”.

Carlo, stranamente in maniera un po’ brusca rispose, “ce l’ho già”. L’altro non fece caso alla gaffe e propose di leggere una preghiera. Sia io che lui eravamo troppo commossi per poter leggere, toccò allora ad Ilaria, la moglie di Carlo, leggere con voce ferma quel discorso del fraticello d’Assisi.

Sinceramente sul momento non capii molto della preghiera, vuoi perché ero frastornato dalle emozioni e dalla pena nel vedere il mio amato fratello così tanto malato, vuoi e soprattutto perché non sono molto avvezzo alla preghiera. Loro invece sembrarono molto  rasserenati dalla lettura. Finito di leggere al visitatore parve di aver fatto quello che era venuto a fare perché salutò calorosamente tutti, disse le solite frasi di circostanza sulla certezza della guarigione di mio fratello e uscì.

Come ebbe varcato la porta Carlo scoppiò a piangere. Fino ad allora solo in pochissime occasioni  avevo visto scendere silenziosa qualche lacrima sul suo viso. Invece quello era un pianto vero, irruento, rumoroso. Mi avvicinai a lui lo abbracciai, piangevo con lui così come sto facendo adesso mentre scrivo ricordando. Lo stringevo e quando riuscii a dire qualcosa cercai di tranquillizzarlo dicendo stupide frasi come: “stai tranquillo ce la faremo anche stavolta”, ma non ci credevo e forse questo si sentiva.

Carlo appena riuscì a parlare mi disse “no, non capisci … piango perché sono felice, vedi … questa è la Grazia di Dio, le persone vengono da me per pregare.”

Mi sentii molto stupido e molto piccolo davanti ad un grande uomo.

Vi allego lo scritto del frate Francesco che leggemmo quel giorno.

Capitolo VIII.

Come andando per cammino san Francesco e frate Leone gli spose quelle cose che sono perfetta letizia.

Venendo una volta san Francesco da Perugia a Santa Maria degli agnoli con frate Leone a tempo di verno, e il freddo grandissimo fortemente il crucciava, chiamò frate Leone, il quale andava innanzi, e disse così: Frate Leone, avvegnadiochè li frati minori in ogni terra dieno grande esemplo di santitade e di buona edificazione, nientedimeno iscrivi e nota diligentemente che non è quivi perfetta letizia, e andando san Francesco più oltre, il chiamò la seconda volta: frate Leone, benchè ’l frate minore allumini i ciechi, e distenda gli attratti, iscacci le demonia, renda l’udire alli sordi e l’andare alli zoppi, il parlare alli mutoli, e ch’è, maggiore cosa, risusciti li morti di quattro dì, scrivi che in ciò non è perfetta letizia. E andando un poco, gridò forte: O frate Leone, se ’l frate minore sapesse tutte le lingue e tutte le scienze e tutte le Scritture, sicchè sapesse profetare e rivelare non solamente le cose future, ma eziandio li segreti delle coscienze e degli animi; scrivi che non è in ciò perfetta letizia. Andando un poco più oltre, san Francesco chiamò ancora forte: O frate Leone, pecorella di Dio, benchè il frate minore parli con lingua d’angelo, e sappia i corsi delle stelle e le virtù delle erbe; e fossonli rivelati tutti li tesori della terra, e cognoscesse le virtù degli uccelli, e de’ pesci, e di tutti gli animali, e degli uomini, e degli alberi, e delle pietre, e delle radici, e dell’acque, iscrivi, che non è in ciò perfetta letizia. E andando ancora un pezzo, san Francesco chiamò forte: frate Leone, benchè il frate minore sapesse sì bene predicare che convertisse tutti gl’infedeli alla fede di Cristo; scrivi che non è ivi perfetta letizia. E durando questo modo di parlare bene di due miglia, frate Leone, con grande ammirazione il domandò e disse: Padre, io ti priego dalla parte di Dio che tu mi dica, dove è perfetta letizia. E san Francesco sì gli rispuose: Quando noi saremo a Santa Maria degli angeli, così bagnati per la piova e agghiacciati per lo freddo, e infangati di loto, e afflitti di fame, e picchieremo la porta dello luogo; e ’l portinaio verrà adirato, e dirà: Chi siete voi? e noi diremo: Noi siamo due de’ vostri frati, e colui dirà: Voi non dite vero; anzi siete due ribaldi, che andate ingannando il mondo e rubando le limosine de’ poveri; andate via: e non ci aprirà, e faracci istare di fuori alla neve e all’acqua col freddo e colla fame, insino alla notte, allora se noi tanta ingiuria, e tanta crudeltate, e tanti commiati sosterremo pazientemente senza turbarcene e senza mormorare di lui; e penseremo umilmente e caritativamente che quello portinaio veramente ci cognosca, e che Iddio il fa parlare contra a noi; frate Leone, iscrivi, che qui è perfetta letizia. E se noi perseveriamo picchiando, ed egli uscirà fuori turbato, e come gaglioffi importuni ci caccerà con villanie e con gotate dicendo: Partitevi quinci, ladroncelli vilissimi, andate allo spedale, che qui non mangerete voi, nè albergherete; se noi questo sosterremo pazientemente e con allegrezza e con amore; frate Leone, scrivi che qui è perfetta letizia. E se noi pur costretti dalla fame, e dal freddo, e dalla notte, più picchieremo, e pregheremo per l’amore di Dio con grande pianto che ci apra e mettaci pure dentro; e quelli più scandolezzato dirà: Costoro sono gaglioffi importuni; io gli pagherò bene come sono degni: e uscirà fuori con uno bastone nocchieruto, e piglieracci per lo cappuccio, e gitteracci in terra, e involgeracci nella neve, e batteracci a nodo a nodo con quello bastone: se noi tutte queste cose sosterremo pazientemente e con allegrezza, pensando le pene di Cristo benedetto, le quali dobbiamo sostenere per suo amore; o frate Lione, iscrivi che qui e in questo è perfetta letizia; e però odi la conclusione, frate Leone. Sopra tutte le grazie e i doni dello Spirito Santo, le quali Cristo concede agli amici suoi, si è di vincere sè medesimo, e volentieri per lo amore di Cristo sostenere pene, ingiurie ed obbrobrii e disagi; imperocchè in tutti gli altri doni di Dio noi non ci possiamo gloriare, perocchè non sono nostri, ma di Dio; onde dice l’Apostolo: Che hai tu, che tu non abbi da Dio? e se tu l’hai avuto da lui, perchè te ne glorii come se tu l’avessi da te? Ma nella croce della tribolazione e della afflizione ci possiamo gloriare, perocchè questo è nostro; e perciò dice l’Apostolo: Io non mi voglio gloriare, se non nella croce di nostro Signore Gesù Cristo

 

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1 Comment

  1. Standogli vicino gli avrai dato sicuramente molto così come lui avrà dato a te. Son certa che vi ha dato la possibilità di conoscervi reciprocamente più a fondo e immagino anche a te di scoprire qualcosa in più di te stesso. “Conosco” tuo fratello solo tramite quello che scrivi o condividi… Un uomo di fede, altruista, disponibile, forte, vero… un privilegio averlo avuto nella propria vita.
    E conosco anche un po’ più te leggendo ciò che scrivi… E come lo scrivi…

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