La metafora dei bambini.

La metafora dei bambini.

C’è sempre un bambino che ha il pallone, nel senso che è suo, lo possiede, ne è il proprietario. E allora si immagina che questo  fatto gli dia dei diritti, lui vuol decidere chi prendere in squadra con se, sceglie i più forti, vuole vincere senza lottare. Ma non gli basta, pretende di giocare nel campo migliore, quello leggermente in salita, così gli avversari faranno più fatica ad arrivare alla porta per fare goal.  A quei bambini che provano a protestare viene immediatamente ricordato che il pallone è suo e che se non fanno come dice lui allora non si gioca. Basta questa minaccia per far si che i bambini ribelli siano riportati alla ragione da altri bambini che vogliono solo giocare. Quelli più riflessivi solitamente sono quei bambini che stanno in squadra con il proprietario del pallone, quelli che giocheranno nella squadra migliore, nel campo migliore e sono predestinati a vincere la partita. Certe volte, rare a dire il vero, succede l’imprevisto, succede che qualche bambino non si riesca a convincerlo, e che questo decida che se deve giocare per perdere preferisce non giocare convincendone altri a fare come lui, a rifiutarsi di giocare. Dall’imprevista reazione nasce un problema,  mancano i giocatori, non sono sufficienti, le squadre non si possono formare, non gioca più nessuno neanche il bambino con la palla perché non può giocare a calcio da solo. In questo caso il bambino prepotente (e capitalista, ha la palla) si accorge di avere sbagliato, cerca di rimediare, propone di rifare le squadre, diventa strumentalmente meno prepotente, suggerisce che  magari per il campo migliore si può fare un tempo per uno,

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