In un momento così duro per l’economia in generale e per le nostre attività in particolare è necessario non sentirsi soli. Parlando di lavoro come ben immaginate le vostre angosce sono inevitabilmente le mie angosce, i vostri problemi non possono che essere i miei problemi. Certe volte ci sentiamo soli ed inappropriati al ruolo che stiamo svolgendo, ma stavolta non si tratta di capacità nel condurre gli affari; la crisi, questa dannata crisi, sta colpendo tutti e nessuno deve sentirsi in colpa per i guai che gli stanno capitando, questi non devono essere vissuti come un fallimento personale. In tante occasioni abbiamo dimostrato le nostre capacità, abbiamo saputo tenere dritta la prua della nostra azienda piccola o grande che fosse. Questa volta siamo in presenza della “tempesta perfetta” e per quanti sforzi tutti stiamo facendo, per quanta professionalità tutti ci stiamo mettendo è inevitabile ritrovarsi in balia delle onde. Non dobbiamo mollare, dobbiamo rispondere ad ogni avversità facendo tutti gli sforzi per mantenere dritta la barra del timone, dobbiamo scrutare fra i flutti in cerca delle altre barche per capire quale sia il modo migliore di prendere la prossima onda, perché ci sarà sicuramente una prossima onda. Ogni altra barca che riusciremo a scorgere ci dirà che non siamo soli ed ogni volta che una sparirà nel mare sarà un colpo alla nostra speranza ed alla nostra possibilità di farcela. Per se e per gli altri ognuno di noi è tenuto a fare il massimo sforzo per uscire dalla tempesta che, seppur perfetta, prima o poi finirà. Dobbiamo sostenere le altre barche perché anche attraverso di loro passa la nostra salvezza. Per
In un momento di caccia alle streghe quale quello che stiamo vivendo nel quale sembra che l’unico male dell’Italia sia l’evasione fiscale ho voglia di raccontare questa storia vera. Un’azienda mugellana versò il 28/11/1991 1.373.000 lire (vecchio conio italiano sostituito nel 2002 con l’euro) di acconto ILOR (vecchia Imposta Locale sui Redditi abrogata fin dal gennaio 1998) attraverso la banca anziché l’esattoria come invece avrebbe dovuto. Errore imperdonabile! L’onesto contribuente, accortosi del misfatto, versò nuovamente l’importo di 1.373.000 lire stavolta attraverso l’esattoria. Immediatamente dopo aver fatto il secondo versamento ed il proprio dovere di contribuente distratto ma onesto richiese al Fisco presunto galantuomo il rimborso della somma versata erroneamente. Nella migliore tradizione omertosa il presunto galantuomo alla richiesta dell’onesto contribuente non fece seguire risposta. Il nostro eroe allora inoltrò ricorso alla Commissione Tributaria per vedersi restituiti i soldi erroneamente versati due volte. La Commissione Tributaria in primo grado visti i fatti ed il doppio pagamento non poté che dare ragione all’onesto contribuente ed intimare al Fisco la restituzione del maltolto. Il Fisco presunto galantuomo decise, a quel punto, di impegnare mezzi ed energie per ricorrere sulla decisione di primo grado convinto di essere nel giusto nell’appropriarsi del doppio pagamento del distratto ma onesto contribuente. Ma questa non fu la cosa più strana. La cosa ancora più strana fu che la Commissione Tributaria di secondo grado nel luglio del 1995 ritenne suo preciso dovere accogliere il ricorso del Fisco presunto galantuomo condannando l’onesto contribuente a non riavere i suoi soldi. Incredulo l’onesto e distratto contribuente non si dette per vinto e inoltrò ricorso contro la decisione di secondo grado, correva l’anno 1995. Nel